8 marzo, dati e scenari sulle professioniste italiane

8 marzo 2024

Non chiamiamola più Festa della Donna: è la Giornata Internazionale della Donna quella che si celebra l’8 marzo e che ogni anno diventa occasione di dibattito e riflessione sulle donne nel mondo del lavoro.

Avevamo affrontato in un articolo precedente i dati relativi all’Italia in merito al gender pay gap. Cosa è cambiato in questi mesi?

Occupazione femminile: in crescita ma non come dovrebbe

LinkedIn fornisce ogni anno una panoramica della situazione nel nostro paese. Tra i dati positivi, l’occupazione femminile (contratti di assunzione) nel 2022 era del 51%. Sebbene i livelli stiano lentamente risalendo dopo il grave arresto del 2020 causato dalla pandemia, la forza lavoro impiegata dalle donne in Italia è ancora del 46%, molto al di sotto del 70% pre-COVID.

Donne e posizioni apicali: dove è insito il gap?

Se le professioni in ambito sanitario, dell’istruzione e dei servizi mostrano da sempre percentuali più elevate di donne, anche nel settore della tecnologia e dell’ambito AI si osserva una crescita delle occupazioni, pari a circa il 37%. Tuttavia, sono le qualifiche in posizioni apicali delle donne che tardano a raggiungere livelli equi.

La presenza femminile alla guida di aziende stenta a crescere: in media, solo il 32% delle posizioni di alto rilievo, come manager, è occupato da professioniste, mentre il 24% corrisponde alle CEO, come emerge dallo studio della Rome Business School “Gender Gap e lavoro in Italia”, riportato da Il Sole 24 Ore.

Inoltre, il peso dei lavori cosiddetti “di cura” continua a gravare sulle donne: il lavoro familiare rimane maggiormente sulle loro spalle, soprattutto all’interno delle coppie con figli.

Cosa arresta la carriera delle professioniste, soprattutto se madri

Mobbing, difficoltà nel conciliare vita professionale e personale e scarse politiche legate al reinserimento nel mondo del lavoro dopo la maternità sono fattori che ostacolano la crescita e le prospettive di carriera delle lavoratrici.

È importante sottolineare che le politiche mirate a promuovere la carriera e lo sviluppo delle professioniste, indipendentemente dall’età e dallo stato di maternità, devono adottare una tolleranza zero verso comportamenti discriminatori come il mobbing, le cosiddette “lettere di dimissioni in bianco”, il demansionamento e la riduzione forzata dell’orario lavorativo. Queste pratiche, spesso al limite della legalità, possono spingere molte donne verso il licenziamento.

Il divario di genere in Italia rimane considerevole: minori opportunità lavorative, il part-time “involontario” e le pensioni più basse contribuiscono a rendere la strada per superare il gender gap ancora molto lunga. Secondo il World Economic Forum, saranno necessari altri 132 anni per colmarlo a livello globale e giungere così alla parità fra uomini e donne nel mondo.

I numeri non offrono incoraggiamento, pertanto è cruciale mantenere vivo il dibattito sulle lavoratrici italiane, e non solo, garantendo loro la giusta attenzione e continuità affinché l’8 marzo non rimanga semplicemente una data nel calendario, ma rappresenti un vero e proprio punto di partenza per il cambiamento.

Fonte:

https://www.ilsole24ore.com/art/imprese-solo-24percento-ceo-e-32percento-manager-e-donna-AFoVllhC