Quando si ricerca un impiego, già dalla fase di stesura del curriculum, è fondamentale mettere in evidenza la preparazione teorica e pratica ottenuta grazie ad un preciso percorso di studi.
Anche dopo aver trovato un lavoro, risulta ancora più importante riuscire a valorizzare le proprie skills nell’ambiente in cui si viene inseriti, sia per ottenere risultati misurabili dall’azienda, sia per sentirsi una risorsa valida all’interno di un team.
A questo proposito, hai mai sentito parlare dell’Education and training monitor?
Si tratta di un’analisi annuale, pubblicata come documento di lavoro dei servizi dell’Unione Europea, il cui obiettivo è monitorare il livello di istruzione e formazione fornito ai giovani studenti nei paesi Europei.
Ma come si posiziona l’Italia rispetto alle altre Nazioni?
Italia tra lavoro e istruzione
Dalle ultime analisi e statistiche scopriamo che il background scolastico fornito agli studenti italiani è considerato insufficiente per l’ingresso nel mondo del lavoro.
Facciamo subito i conti con la realtà, mettendo in evidenza le principali criticità che emergono dall’Education and training monitor:
- La dispersione scolastica, ovvero l’abbandono precoce degli studi, in Europa si aggira intorno al 10%, contro il 14,6% italiano;
- Il numero elevato di NEET: la percentuale di giovani inattivi sia dal punto di vista professionale che scolastico registrata nel nostro Paese supera il 25%, contro una media europea del 14%;
- Il mancato supporto di laboratori ed attività interattive agli insegnamenti teorici nelle scuole.
In termini pratici questi fattori comportano un:
- Sottosviluppo di capacità. Gli adolescenti italiani mostrano di essere meno abili in discipline comuni, quali matematica, italiano e scienze, rispetto ai coetanei europei;
- Tasso di occupazione dei neolaureati inferiore rispetto alla media. In Italia infatti, si registra un 56%, contro il 81,6% del resto del continente;
- Discrepanza tra preparazione scolastica e ruolo rivestito all’interno di un’azienda.
Riforme ed iniziative
Quali sono le iniziative che possono essere messe in campo per fornire agli studenti i mezzi giusti per facilitare l’ingresso nel mondo lavoro con le giuste capacità?
Sicuramente rafforzare il rapporto tra teoria e pratica. Il grande passo avanti compiuto dall’Italia è stato quello di rendere l’alternanza scuola lavoro obbligatoria grazie alla riforma della Buona Scuola.
I dati sulla condizione occupazionale e formativa dei diplomati, negli anni hanno supportato l’iniziativa, la quale è servita soprattutto a per avvicinare i giovani ad un ambiente di lavoro per la prima volta, imparando a rapportarsi con un’organizzazione complessa e a conoscerne le dinamiche interne ed esterne.
Ad esempio, dal 2016 – anno d’entrata in vigore della riforma – l’80% degli studenti italiani frequentante un istituto tecnico ha trovato lavoro entro un anno dalla fine degli studi.
È stato fatto un ulteriore step quando l’alternanza scuola lavoro è stata sostituita dai Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento i quali non coinvolgono più solo gli istituti tecnici e professionali, ma anche i licei.
L’orientamento al lavoro è necessario
Secondo gli ultimi dati Eurostat, in Europa ci sono 3,8 milioni di posti di lavoro vacanti eppure i tassi di disoccupazione nel nostro lavoro sembrano rimanere invariati.
Secondo l’OCSE, organizzazione per la cooperazione e sviluppo economico, questo fattore è influenzato proprio dal rapporto che la popolazione ha con la formazione e la conoscenza delle tecnologie moderne.
Emerge infatti che:
- In Italia solo il 36% dei lavoratori ha una conoscenza approfondita del mondo di Internet. La digital transformation ha portato alla scomparsa di diverse professioni, contribuendo alla creazione di una nuova forza lavoro ed all’incremento della domanda di mercato di figure come: Digital PR ed Advertiser, Web Analyst, Data Scientist, Content Editor;
- Il 13,6% dei lavoratori ha ancora un impiego nei settori ad alto rischio di automazione e necessità di una formazione specializzata per l’acquisizione delle competenze necessarie;
- L’Italia risulta al terzo posto per quantità di professionisti aventi competenze inferiori rispetto al ruolo ricoperto, fattore correlato al fatto che il 35% svolge un impiego non in linea con il proprio percorso di studi.
Costruire un rapporto solido tra formazione e mondo del lavoro risulta quindi fondamentale per l’inserimento di risorse valide all’interno di un team, anche al termine del percorso di studi accademico.